Studenti con bisogni educativi speciali: niente promozione automatica
La scuola ha da predisporre un piano didattico personalizzato funzionale al successo scolastico di tali studenti. Questi ultimi, però, possono essere promossi solo quando abbiano conseguito i risultati di apprendimento prefissati
Nessuna promozione in automatico per gli studenti con bisogni educativi speciali. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 2235 del 14 ottobre 2025 del Tar Sicilia), i quali hanno confermato la mancata ammissione alla seconda classe di uno studente di un Liceo Scientifico Statale, respingendo le obiezioni del genitore, obiezioni centrate sulle difficoltà del figlio sia nell’apprendimento che nell’adattamento, nel passaggio dalla scuola media alla scuola superiore, al nuovo ciclo di studi.
Ampliando l’orizzonte, i giudici chiariscono che il consiglio di classe ha l’onere di individuare, anche in assenza di certificazione medica o di specifiche richieste da parte delle famiglie dei discenti, gli alunni con bisogni educativi speciali e, quindi, di predisporre un piano didattico personalizzato funzionale al loro successo scolastico.
Ciò detto, però, gli studenti che presentano tali bisogni non devono necessariamente essere promossi, ma possono esserlo solo qualora ne ricorrano le relative condizioni, ossia quando abbiano conseguito i risultati di apprendimento prefissati.
Ragionando in questa ottica, quindi, la mancata attivazione delle attività di recupero o degli oneri di informazione circa l’andamento scolastico di uno studente non vizia il giudizio di non ammissione alla classe successiva, tenuto conto che esso si basa esclusivamente sulla constatazione oggettiva dell’insufficiente preparazione dello studente e sul suo grado di maturazione personale, a fronte dei quali l’ammissione alla classe successiva potrebbe costituire, anziché un vantaggio, uno svantaggio per l’allievo.
In generale, comunque, i bisogni educativi speciali ricomprendono un ampio spettro di situazioni anomale dell’alunno, più o meno patologiche o gravi, che non necessariamente sfociano in disturbi specifici dell’apprendimento (quali dislessia, discalculia, etc.) ma che, stante la loro natura, da accertarsi di volta in volta, comportano la redazione di un piano didattico tarato sulla persona del discente, al fine di consentire la sua piena integrazione nell’ambito della classe ed il proficuo svolgimento delle attività didattiche specifiche per il corso di studi. In questa ottica, l’individuazione degli alunni con bisogni educativi speciali è di competenza esclusiva del consiglio di classe. In pratica, nel caso di difficoltà non meglio specificate, soltanto qualora nell’ambito del consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team dei docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici, questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un piano didattico personalizzato, con eventuali strumenti compensativi o misure dispensative. In altri termini, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato diritto alla certificazione di disabilità o di disturbo specifico dell’apprendimento, il consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un piano didattico personalizzato, avendo, però, cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.
Tornando alla vicenda in esame, anche l’eventuale mancata attivazione delle attività di recupero o degli oneri di informazione circa l’andamento scolastico non vizia il giudizio di non ammissione alla classe successiva, tenuto conto che esso si basa esclusivamente, senza che vi si possa riconnettere alcun intento punitivo, sulla constatazione oggettiva dell’insufficiente preparazione dello studente. Di conseguenza, la rilevata tardività e lacunosità degli interventi facilitatori posti in essere dalla scuola non può far diventare idoneo alla classe superiore uno studente che non ha raggiunto risultati accettabili sul piano del profitto. In altri termini, e venendo alla fattispecie in esame, è senz’altro possibile che, ove la scuola avesse adottato con maggiore tempestività le misure più idonee a favorire l’apprendimento dello studente, questo ultimo avrebbe potuto raggiungere la sufficienza in un numero accettabile di materie, ma nel momento in cui ciò non si è verificato la soluzione non può essere la sua promozione ope iudicis.
Perciò, il genitore dell’allievo potrà valutare la possibilità di instaurare un’azione risarcitoria, ma non può pretendere che il figlio acceda alla classe superiore in ragione dell’insufficiente supporto ricevuto dall’istituzione scolastica, anche perché l’alunno si troverebbe ad affrontare non solo le difficoltà che nascono dall’esistenza dei suoi bisogni educativi speciali ma anche gli ovvi problemi derivanti dalla preparazione lacunosa dell’anno precedente.