‘Post’ critico del medico sulla gestione della Sanità in Italia: illegittima la multa
Smentito il provvedimento adottato da un’Azienda Sanitaria a fronte dello scritto condiviso su ‘Facebook’ da un dirigente medico
Sacrosanta la libertà di pensiero del lavoratore, libertà che, se esercitata in modo congruo, non può essere mai sanzionata. Adottando questa prospettiva, i giudici (ordinanza numero 19939 del 17 luglio 2025 della Cassazione) hanno cancellato in via definitiva la multa deciso da una ‘Azienda Sanitaria’ nei confronti di un dirigente medico, finito nei guai per un ‘post’ su ‘Facebook’, ‘post’ di critica verso la gestione della Sanità in Italia.
Per i giudici ci si trova di fronte a dichiarazioni del dipendente pubblico che si configurano come mera disquisizione di politica sanitaria generale, senza riferimenti identificativi specifici al proprio datore di lavoro e senza diffusione di notizie non veritiere, e che, quindi, non integrano manifestazioni offensive sanzionabili disciplinarmente, rientrando nell’esercizio della libertà di pensiero, tutelata dallo ‘Statuto dei lavoratori’.
Tutto ha origine nell’ottobre del 2017, quando un dirigente medico, dipendente di una ‘Azienda Sanitaria’, pubblica su ‘Facebook’ un facsimile di una fattura relativo ad un conto per una operazione chirurgica negli Stati Uniti, con importo pari a 158mila dollari, e osserva, come commento, che “la strada imboccata è quella della sanità americana, quella del risparmio da parte dello Stato. Di anno in anno, sempre meno prestazioni gratuite, liste di attesa sempre più lunghe. Nessun interesse verso la prevenzione (che costa molto nel breve termine e, anche se fa risparmiare moltissimo nel lungo periodo, quel che confà è risparmiare ora). Riforme che accentrano ospedali e servizi, e spesso li posizionano in modo assurdo, più per accontentare qualche boss politico locale che per tutelare la salute dei cittadini. È ora di finirla con le Aziende che danno obiettivi di risparmio, che vincolano la pratica medica con procedure burocratiche che servono solo a spendere meno, fregandosene della qualità dei servizi (le chiamano razionalizzazioni, quei farabutti)”.
Per tale dichiarazione viene elevata contestazione disciplinare, addebitando al dirigente medico manifestazioni offensive nei confronti dell’Azienda e dei componenti della direzione aziendale, degli altri dirigenti, dei dipendenti e di terzi, e osservando che il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, deve evitare che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici, possano diffondersi, e deve favorire la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’amministrazione.
All’esito del procedimento disciplinare, viene comminata al dirigente medico la sanzione di una multa per 200 euro, multa legittima secondo i giudici del Tribunale, poiché, a loro avviso, la condotta del medico si è risolta in una aggressione generica verso soggetti facilmente individuabili, con parole eccessive e offensive.
Per i giudici del Tribunale, poi, la sanzione inflitta è altresì proporzionata rispetto alla condotta tenuta, condotta catalogabile come diffamazione.
Di parere opposto, invece, i giudici d’Appello, per i quali le dichiarazioni effettuate dal dirigente medico si sono concretizzate in una mera disquisizione di politica sanitaria in generale, con riferimento ad un sistema sanitario americano che viene richiamato come estremo termine di paragone, senza che comunque possano individuarsi riferimenti a circostanze concrete specifiche rilevanti, quali termini di collegamento con il proprio datore di lavoro, nella persona della Regione, della Azienda Sanitaria e della sua direzione aziendale.
Ad avviso dei giudici di secondo grado, quindi, nel suo ‘post’ su ‘Facebook’ il dirigente medico ha avanzato una critica ad un sistema sanitario generale che tende a ridurre ·le prestazioni, manifestando la preoccupazione che la tutela della salute pubblica stia imboccando la strada del sistema sanitario americano, che viene preso come termine di paragone estremo.
Questa valutazione viene condivisa e fatta propria dai magistrati di Cassazione. In sostanza, il dirigente medico non ha diffuso notizie non conformi al vero riferibili al proprio datore di lavoro. Impossibile, quindi, catalogare il ‘post’ in esame come manifestazione offensiva – meritevole sì di sanzione – nei confronti della parte datoriale, ossia nei confronti dell’Azienda Sanitaria. Anche perché il dirigente medico non ha diffuso notizie non conformi al vero, condotta, questa, che avrebbe comportato la violazione del ‘Codice di comportamento dei pubblici dipendenti.