‘Naspi’ pre 2025: come calcolare le trenta giornate di lavoro effettivo

Per i giudici il requisito risulta integrato – oltre che da giornate di ferie e di riposo retribuito – anche da ogni giornata che dia luogo al diritto del lavoratore alla retribuzione e alla relativa contribuzione

‘Naspi’ pre 2025: come calcolare le trenta giornate di lavoro effettivo

In tema di accesso ai nuovi trattamenti di disoccupazione (cosiddetta ‘Naspi’), alla luce della normativa in vigore fino alla fine di dicembre del 2024, il requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo risulta integrato – oltre che da giornate di ferie e di riposo retribuito – anche da ogni giornata che dia luogo al diritto del lavoratore alla retribuzione e alla relativa contribuzione. Invece, ai fini del computo dei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione si escludono (e sono neutralizzati) i periodi di sospensione del rapporto di lavoro per cause tutelate dalla legge, impeditive delle reciproche prestazioni.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (sentenza numero 15660 del 12 giugno 2025 della Cassazione), i quali hanno respinto le obiezioni sollevate dall’INPS e hanno censurato la posizione assunta in origine dall’istituto previdenziale, posizione che aveva portato a negare ad un uomo la prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (cioè la ‘Naspi), sostenendo non avesse il requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti il suo licenziamento.
Per i giudici di Cassazione, come già per i giudici d’Appello, la normativa risalente al 2015 va interpretata nel senso che, ai fini del computo delle trenta giornate di lavoro effettivo, debbono essere considerate tutte le giornate per le quali è stata versata la contribuzione, ivi comprese quelle non effettivamente lavorate per una causa che legittima la sospensione del rapporto di lavoro (maternità, malattia, infortunio, ferie, ‘Cigs’, contratto di solidarietà) e che danno comunque diritto ad un trattamento retributivo su cui sono versati i contributi.
Irrilevante, perciò, nel caso in esame, il fatto che l’uomo, durante la vigenza del contratto di solidarietà aziendale, avesse percepito compensi per ferie non godute, festività e ‘ROL’ maturata anche negli anni precedenti, senza prestare concretamente alcuna attività lavorativa, trattandosi, osservano i giudici, pur sempre di periodi retribuiti e sottoposti a contribuzione.
Per maggiore chiarezza, poi, viene precisato che il requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione è integrato anche in presenza di giornate di ferie e di riposo retribuito, giornate che, costituendo pause periodiche della prestazione lavorativa finalizzate al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore, rappresentano momenti necessariamente connaturati al normale svolgimento del rapporto di lavoro e indisgiungibili dall’effettiva e concreta esecuzione delle mansioni. In questa ottica, difatti, la locuzione “lavoro effettivo” va interpretata, secondo i giudici, nella sua accezione strettamente giuridica, che non coincide con il significato, strettamente naturalistico, di attività materialmente in essere: dal punto di vista giuridico, infatti, la prestazione di lavoro va considerata effettiva non solo nel momento in cui è concretamente eseguita, ma anche durante le sue pause fisiologiche, dal momento che, in tali ipotesi, il sinallagma contrattuale resta inalterato nella sua concreta funzionalità, tanto che non vi è interruzione né dell’obbligazione retributiva né di quella contributiva. Diversamente argomentando, il lavoratore verrebbe ad essere pregiudicato nei suoi diritti di natura previdenziale anche esercitando legittime prerogative garantite da leggi o contratti collettivi, oppure, e ancor di più, in presenza di comportamenti unilaterali e ingiusti del datore di lavoro (basti pensare, a tale ultimo riguardo, ad un ordine giudiziale di ricostituzione del rapporto di lavoro, non ottemperato per esclusiva volontà della parte datoriale). Altrettanto, per contro, non può dirsi al cospetto di eventi che, per legge, determinano una temporanea sospensione del rapporto di lavoro e delle reciproche prestazioni delle parti, come nei casi di maternità, infortunio, malattia, congedo genitoriale o di permesso dal lavoro per assistere persone con handicap grave o, ancora, nell’ipotesi di periodi coperti da cassa integrazione guadagni o contratti di solidarietà a zero ore: si tratta, infatti, di eventi che impediscono totalmente lo svolgimento dell’attività e che determinano, come detto, la sospensione delle obbligazioni principali delle parti, per modo che il rapporto di lavoro, per un certo periodo di tempo, entra in uno stato di quiescenza.

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