Scioglimento della comunione: come individuare il valore delle quote dei singoli membri

Preso in esame il contenzioso tra tre fratelli per la proprietà di un terreno su cui era stato anche realizzato – dal loro padre – un canile gestito da una piccola società

Scioglimento della comunione: come individuare il valore delle quote dei singoli membri

A fronte dello scioglimento della comunione, il valore delle quote dei singoli membri deve essere determinato con riferimento al valore del bene privo delle costruzioni realizzate dal soggetto terzo.
Questo il paletto fissato dai giudici (ordinanza numero 15658 del 12 giugno 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso tra tre fratelli per la proprietà di un terreno su cui era stato anche realizzato – dal loro padre – un canile gestito da una piccola società, sottolineano poi la natura meramente obbligatoria del pagamento dell’indennità prevista dal Codice Civile, che attiene al rapporto tra il proprietario dell’immobile ed il terzo costruttore, una volta esercitato il diritto di trattenere le opere realizzate dal terzo.
A fronte della specifica vicenda, accertato che il canile è stato realizzato da un terzo, gli assegnatari del terreno – cioè i due fratelli che avevano fatto richiesta di assegnazione congiunta, quali aventi diritto della quota maggiore – potevano esercitare il diritto di ritenerle o di obbligare il terzo a levarle, ma, una volta esercitato il diritto di ritenzione, gravava su di loro l’obbligo di pagamento al terzo del valore dei materiali e della mano d’opera oppure l’aumento di valore recato al fondo.
Il Codice Civile affronta il rapporto tra proprietario di un immobile e il terzo che vi abbia compiuto opere con materiali propri, determinandone l’acquisto a titolo originario in capo al primo, secondo il principio dell’accessione, fin dal momento in cui esse vengono incorporate nel suolo.
L’obbligo di pagamento dell’indennizzo sorge dall’esercizio del diritto di ritenzione, che si verifica automaticamente quando le opere sono fatte in buonafede, ovvero per la scadenza del termine di sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell’incorporazione proprio perché esso ha natura di indennizzo e non di prestazione sinallagmatica, e non costituisce quindi condizione per la pienezza dell’atto di acquisto. In altre parole, il proprietario del suolo acquista la proprietà delle opere fin dal momento in cui esse vengono eseguite dal terzo con materiali propri e si incorporano nel suolo, salva la sua facoltà dello ius tollendi, che gli viene riconosciuta per non rendere la sua condizione del tutto dipendente dal fatto arbitrario del terzo.
Legittimato passivo al pagamento dell’indennizzo è il proprietario del suolo mentre terzo è colui che non sia legato al proprietario del suolo da un rapporto giuridico, di natura reale o personale, che lo legittimi a costruire sul fondo medesimo.
Ne consegue che le opere compiute dal terzo incidono sul valore del fondo solo ove il proprietario eserciti il diritto di ritenzione ma sono compensate dall’obbligo del proprietario di pagare l’indennità al costruttore mentre nessun incremento di valore deriva evidentemente nelle ipotesi in cui il proprietario eserciti lo ius tollendi.
Sebbene, poi, l’acquisto a titolo originario in capo al proprietario operi fin dal momento in cui le opere vengono incorporate nel suolo, l’obbligo indennitario si consolida solo al momento della scelta di corrispondere l’indennità in capo al proprietario.
Tali principi trovano applicazione, precisano i giudici, anche in tema di scioglimento della comunione e comporta che il valore delle quote deve essere determinato con riferimento al valore del bene privo delle costruzioni realizzate dal terzo.

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